Uno sguardo storico sul legame tra impresa e ambiente

Uno sguardo storico sul legame tra impresa e ambiente

  22 Febbraio 2023

valore acqua

È una convinzione ormai radicata quella che la sostenibilità rappresenti un importante driver di crescita. Oggi, quando si parla di creazione di valore, non si può più prescindere dall’integrazione della sostenibilità, nella sua triplice dimensione ambientale, sociale ed organizzativa, nelle politiche aziendali.

 

Il legame tra ambiente e impresa non è però una scoperta dei nostri giorni e, anzi,  considerare la questione in una prospettiva storica può offrire spunti di riflessione molto interessanti. 

Il saggio di Luca Romano “L’acqua racconta l’industria. Storie di imprenditori e di ambiente nel caso Medio Chiampo”  racconta di un’industria e di un territorio che nel tempo hanno saputo evolversi e trasformarsi acquisendo una nuova consapevolezza.

 

Ne abbiamo parlato con Edoardo Demo, professore di storia economica presso il dipartimento di Scienze economiche dell’Università di Verona. Tra i suoi principali interessi c’è la  storia economica e sociale della terraferma veneta tra tardo medioevo ed età moderna. Non a caso il prof. Demo è anche il curatore di una sezione del catalogo della mostra “Acqua, terra e fuoco. Architettura industriale nel Veneto del Rinascimento”, visitabile fino al 12 marzo presso il Palladio Museum di Vicenza. 

 

A partire dalla propria esperienza, attraverso il progetto Valore Acqua, Medio Chiampo ha voluto contribuire alla riflessione su un modello di sviluppo che unisce crescita economica e tutela delle risorse naturali. Guardando indietro ai secoli passati, che indicazioni ci vengono dalla storia?  

Ciò che mi ha sempre colpito di questo territorio è la presenza di un’attività manifatturiera plurisecolare, fin dall’inizio non destinata solo al locale. Alla base di questa che possiamo definire protoindustria vicentina, c’era la chiara consapevolezza che senza l’acqua non si poteva fare nulla. Solitamente quando si pensa all’acqua la prima attività che viene in mente è l’agricoltura, con le sue esigenze di irrigazione. In verità l’acqua è fondamentale anche nei processi industriali. E l’acqua di cui è ricca tutta la pedemontana vicentina è un’acqua tumultuosa, perfetta per creare movimento piuttosto che per irrigare i terreni peraltro sassosi e non adatti ad un’agricoltura estensiva. Nel Quattrocento i dibattiti giudiziari sull’utilizzo dell’acqua per fini agricoli o industriali erano all’ordine del giorno e data l’inclinazione industriale del territorio non stupisce che la manifattura riuscisse quasi sempre ad avere la meglio. Non dimentichiamo che nel periodo rinascimentale, tra il 400 e il 600, Arzignano era già una cittadina molto sviluppata, dove si producevano tessuti in grande quantità, con le attività correlate di allevamento degli ovini e produzione di pellami. In verità, cosa che è ancora poco studiata, all’epoca la maggior parte della frutta che arrivava a Venezia proveniva proprio da Arzignano. Ciò non toglie che il tratto distintivo di questo territorio rimanga nel corso dei secoli la forte vocazione manifatturiera, in alcuni periodi apertamente operante e in altri magari latente, ma sempre pronta ad emergere con forza quando si presentava l’opportunità.

 

Una capacità di fare impresa che non si è cristallizzata in un solo settore…

Questo è un altro aspetto rappresentativo dell’economia del vicentino.  L’industria ha sempre dimostrato una grande capacità di adattamento, di innovazione nelle procedure e nella tecnologia, anche di radicale trasformazione. Pensiamo, ad esempio, a come ad un certo punto nella valle del Chiampo l’industria conciaria abbia sostituito quella tessile. Ma un altro esempio significativo lo troviamo anche nell’alto vicentino. La Siderforgerossi, una delle principali aziende a livello mondiale per la produzione di forgiature, si trova ad Arsiero in via Cartiere di Mezzo. Il nome della via ci restituisce un dettaglio significativo. Sappiamo che già nel Medioevo lì sorgevano impianti idraulici che alimentavano le fucine, poi quest’ultime hanno lasciato spazio alle segherie, successivamente alle cartiere e infine di nuovo alla lavorazione dei metalli. E tutte queste trasformazioni si sono verificate in un arco temporale che va dal Duecento al Novecento. 

 

In una prospettiva storico economica, quando si è affermata la consapevolezza che l’acqua non è solo una risorsa ma soprattutto un bene da preservare?

La questione ambientale non era assente nel passato. Pensiamo, ad esempio, alla necessità del trattamento delle acque reflue che si accompagna all’attività manifatturiera, ben presente anche nei secoli scorsi. Quello che cambia negli  anni 60-70 del Novecento è piuttosto l’entità dell’impatto ambientale che diventa tangibile fino ad alterare l’aspetto del territorio, a compromettere la flora e la fauna. Proprio qui si inserisce la storia di Medio Chiampo, testimonianza di un tessuto imprenditoriale che si impegna assieme alle amministrazioni locali per trovare una soluzione e decide di mettere in atto un comportamento virtuoso. Oggi mi colpisce vedere nuovamente in queste zone aironi, cormorani e rapaci, tutti uccelli molto sensibili all’inquinamento, il cui ritorno è un chiaro segnale del percorso finora compiuto. Certo l’impegno non deve fermarsi, ma la strada è quella giusta.

 

In un legame tra impresa e ambiente sempre più all’insegna della sostenibilità, quale potrebbe essere un nuovo obiettivo da raggiungere? 

Direi il recupero e la valorizzazione della bellezza del territorio, la qualità del contesto architettonico delle zone industriali. In età rinascimentale il poeta Giambattista Dragoncino, in un’operetta intitolata “Le lodi di Schio”, descriveva le impressioni che aveva provato al suo arrivo di fronte alle industrie, ai rumori e agli odori, ma allo stesso tempo esaltava le modalità costruttive che non impattavano con il contesto naturale. Ecco questa potrebbe essere una sfida per il futuro.

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